Si riporta di seguito l’articolo pubblicato da Famiglia Cristiana dedicato all’inaugurazione del Museo Casa Don Bosco, a cura di Lorenzo Montanaro.
Una parte di questo patrimonio, le cosiddette “camerette di don Bosco”, era già aperta al pubblico. Quello appena inaugurato, però, è un progetto di più ampio respiro, che indaga le origini della congregazione salesiana, iniziando da quando, in quello che è oggi il complesso di Maria Ausiliatrice, per accogliere i ragazzi non c’ era che un’ umile tettoia.
In fondo alla stanza, sulla sinistra, c’ è uno scrittoio: su quell’ umile piano di legno sono nate le pagine fondative del carisma salesiano. Al lato opposto della camera si trova il letto in ferro battuto, così poco usato (pare non più di un paio d’ ore per notte), eppure capace di accogliere sogni visionari e profetici. Poi, la “cattedra della buona notte” e la finestra sul cortile di Valdocco, dove generazioni di ragazzi di ieri e di oggi sono cresciuti, preparandosi per diventare “buoni cristiani e onesti cittadini”. Apre i battenti, nel cuore di Torino, il nuovo “museo casa don Bosco”. Il nome dice già tutto. L’ idea è di portate il visitatore a contatto con la quotidianità del santo dei giovani, mostrando i suoi ambienti di vita, gli oggetti semplici che ne hanno accompagnato l’ esistenza, le persone che gli sono state accanto: sua madre, Margherita Occhiena, nota più semplicemente come “mamma Margherita”, riconosciuta venerabile dalla Chiesa, ma anche ragazzi come Domenico Savio, a loro volta protagonisti di storie di santità.
Una parte di questo patrimonio, le cosiddette “camerette di don Bosco”, era già aperta al pubblico. Quello appena inaugurato, però, è un progetto di più ampio respiro, che indaga le origini della congregazione salesiana, iniziando da quando, a Valdocco, per accogliere i ragazzi non c’ era che un’ umile tettoia. 4.000 metri quadri di allestimento, organizzati in 27 spazi espositivi, raccontano una storia unica e sempre capace di emozionare, perché, come ha ricordato il rettor maggiore dei Salesiani, don Angel Fernandez Artime, «il cuore di don Bosco è attuale oggi come lo era 150 anni fa. Osservando questi spazi con sguardo profondo, vi si coglie una pedagogia, una scuola di umanità, una scuola di santità». Il nuovo museo apre al pubblico vari ambienti che finora non erano visitabili, come i sotterranei di Valdocco, restaurati ponendo grande attenzione al recupero dell’ aspetto originario. Vi si leggono gli sforzi di una comunità in crescita, tra fatiche, ostacoli e speranze. Commovente, ad esempio, lo spazio dell’ antico refettorio, dove si possono ancora osservare i muri fatti con le pietre portate dai primi ragazzi di don Bosco, desiderosi di aiutare il sacerdote a far crescere l’ edificio.
Progettato dall’architetto Sergio Sabbadini e dal museografo Massimo Chiappetta, l’ allestimento non si limita alla figura del fondatore ma offre una visione allargata sul mondo salesiano, compresa la dimensione missionario, in un costante dialogo tra passato e presente. «Questo luogo, così prezioso per la nostra comunità, si fa museo, continuando però a restare una casa» ha sottolineato la direttrice Stefania De Vita.
Nei giorni scorsi “casa don Bosco” è stata inaugurata ufficialmente, alla presenza delle autorità religiose e civili di Torino e del Piemonte. Ha partecipato anche il critico d’ arte e politico Vittorio Sgarbi, che, dopo aver inanellato qualche aneddoto relativo alla sua gioventù di «indisciplinato studente in un collegio salesiano», ha sottolineato il valore del museo, capace di restituire, con immediatezza, la dimensione più quotidiana dell’ esistenza del santo.
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